FieraLibrando
Annata doc per la fiera, ma paradossalmente il programma troppo ricco non consente l'abbuffata, salvo ai dislocanti o agli ubiqui, cosa per la quale mi sto attrezzando con appositi strumenti fantascientifici.
Nel frattempo, permane la sfida della scelta.
Ci è piaciuto:
i libri presentati mi è venuto quasi sempre voglia di comprarli, fatta eccezione per quello di Arrigo Levi, e poi spiegherò perché.
Lingua Madre è sempre una chicca e l'Egitto si è presentato con i veri fiori del deserto, tra tutti il più bello è stata Nawal Al-Saadawi.
Le lectio magistralis erano tali e anche qualche seminario che non promuoveva libri ma semplicemente curiosità.
Non ci è piaciuto:
il green point dove approvvigionarsi di biglietto per la sala dei 500, che ha improvvidamente riportato in campo l'italiotità, della serie: il mandatario che si fa rilasciare 30 biglietti per volta, per bagarinarli o disperderli al momento opportuno. Non si fa. Non si trattava complessivamente delle conferenze migliori, ma qualcuna mi è proprio dispiaciuto perderla: Scalfari versus Sassoon in un Nietzsche vs. Marx, l'incontro con Salman Rushdie, Ascanio Celestini, Orhan Pamuk. Il resto erano personaggi TV o politici: interesse strategico: zero.
L'incontro con Nawal Al-Saadawi è stato magico, il titolo era davvero tutto un programma: "Creatività e Dissidenza". Primo messaggio: tutti, ma proprio tutti sono creativi, salvo poi essere tarpati da divieti, convenzioni, dogmi o nella migliore delle ipotesi, urgenze. I bambini sono infatti i più creativi.
Delizioso il racconto della nonna agitatrice di villaggio (siamo all'inizio del '900 a occhio e croce, nel cuore profondo dell'Egitto), dall'alto della sua brillante ignoranza, che mette in crisi il "sindaco" che vuole zittirla, Corano alla mano. A corto di risposte alla ovvie ed umane richieste della nonna, il sindaco tenta di chiudere il discorso con "non si può, l'ha detto Dio, e tu che non sai leggere e che quindi non hai letto il Suo libro, non puoi saperlo". La nonna risponde "non sapevo che Dio fosse un libro". La nonna era certamente una dissidente, ma prima ancora era creativa e pensava. Ai profanatori a buon mercato di valori, Nawal ha chiosato "when you are pragmatic, forget the principles". Ecco. Non c'è altro da aggiungere. Mi piacerebbe però che gli accaniti proseliti del pragmatismo, sia esso efficientista o scientista, ci pensassero su, un po', facciamo anche un bel po'.
Luciano Canfora ha tenuto una lectio magistralis su "Ipertrofie dell'Io. Il Cesarismo". La lezione era essenzialmente storica e dotta, ma ho capito che il populismo di Cesare non è trasferibile ai nostri giorni, perché (oggi) manca qualsiasi forma di eroismo.
Adonis è Adonis. Ha ricordato che al tempo dei mistici arabi esisteva una netta differenza tra società civile e religione. Alla domanda se la Poesia rappresenti un richiamo o un messaggio, ha risposto né l'uno né l'altro. Se fosse un messaggio sconfinerebbe nel religioso, se fosse un richiamo richiederebbe l'intervento dell'altro. Essa è invece il nostro inconscio. Ma perché quando ridico le cose che dice lui con le mie povere parole, mi pare tutto secco? Adonis è Adonis: non si racconta, si vive.
Ottima la conferenza "L'Io secondo Freud, Jung e Lacan". Ottima perché mi ha rimesso a posto le grandi, grandissime linee che differenziano i tre, anche perché in un'ora davvero non si può fare di più. Confesso che andavo a caccia di conferme, confesso insomma di avere compiuto il massimo peccato della conoscenza: invece di farmi scombussolare cercavo di interpretare per avallare il mio pregiudizio. Detto questo, ammesso tutto, rimane che mi si sono avvalorati ancora un po' i sospetti e quindi ora tocca studiare. La psicoanalisi ha molto poco di scientifico, e questo lo dico io (e quindi vale quel che vale), ma è invece certo che non possa essere in nessun caso una terapia, e questo lo ha sempre detto Jung. Mi sento meglio, perché continuo ad avere serie difficoltà a chiamare terapia qualcosa che può durare anche 30 anni. E pure sociologicamente la psicoanalisi annaspa, continuando ad esaltare di fatto gli egotismi, che è l'ultima cosa di cui una società evoluta ha bisogno se non vuole lentamente morire.
Decisamente interessante la conferenza "Perché Stalin creò Israele", in cui si presentava l'ultimo libro di Leonid Mlecin. Ancora una volta il Prof. Canfora era dei nostri, per fortuna i previsti Mentana e Augias hanno marinato lasciando spazio a due ottimi giornalisti. Mlecin può infine ricostruire alcune pagine di storia grazie alla recente desecretazione degli archivi segreti di Stato russi e di quelli del KGB. Imparo così che le prime armi fornite alla neonatissima Israele le fornì proprio lui, che aveva voluto quello Stato per portare un po' di socialismo tra colonie e reami rozzi (come diceva lui). Lo scenario si è capovolto in pochissimi anni, ma rimane una storia davvero interessante, e il libro è da comprare.
La lectio magistralis di Edoardo Boncinelli "L'Io e il cervello. La risposta delle neuroscienze" è stata annullata e questo è gravissimo e non merita commenti.
Scoperto un nuovo poeta, Bruno Galluccio, che fa poesie scientifiche essendo uno scienziato, e non ho potuto fare a meno di comprare il suo "Verticali", perché quelli che si ibridano mi piacciono e ripiacciono. Tra l'altro ci siamo plagiati oppure ci siamo telepatizzati, sarà da vedere, perché non so quando Bruno ha scritto questa poesia che riporto appresso, ma somiglia tanto e troppo al "Grande Capo Trocantere Destro". La cosa mi intriga e ci andrò a fondo, perché la palese sovrapposizione di pensiero e di idee è un po' inquietante ....
La poesia, come tutte quelle del libro, è senza titolo:
"esercizio lungimirante
fare calcoli sulle parti
riflettere su rimanenze
addentrarsi tra le parentesi
(sospendendo quel che premeva fuori)
e dire così addio all'eden degli interi
e impariamo che non possiamo sommarci subito
ma dobbiamo prima denominarci comunemente
conoscere la minima essenza condivisa
che ci moltiplichi"
Per finire devo, ma proprio devo-devo, inchinarmi a quel tempio dell'editoria che è Adelphi, con quel suo stand dove non c'è nulla di stonato, sbagliato, opinabile: le scelte editoriali sono la perfezione e ringraziamo quindi Calasso. Quest'anno ci ho trovato Roberto Bolano e il suo "2666", che già dalle prime pagine è un capolavoro. Ma da Adelphi si trova solo questo, e non ho quindi merito nella scelta.
Stavo dimenticando Arrigo Levi: invece di vedere arrivare Boncinelli, la sala rossa si riempie di Fassino, Lerner, Calabresi e Levi. Il quartetto attacca con l'ode al "grande giornalista", "l'illustre profugo" e giù tutta la litania, con mani che sorreggono teste calve per farti intendere che sono troppo piene di storia, pensieri, idee ... al quarto minuto sono scappata. Il comizietto falso letterario e nulladicente no, proprio non ce la facevo.
Ma allo spazio autori A, proprio accanto, c'era Vauro intervistato da Lilli Gruber, che presentava il "Mago del vento", e così ho respirato subito un vento di pulizia, di semplicità, di onestà, di purezza d'animo. Ma quanto è bello Vauro? Ma tanto tanto (e pure la Lilli gliel'ammolla, azzz lei è parecchio bella fuori, forse pure dentro, ma insomma già il fuori basta. Vauro è bello dappertutto, così com'è, senza tacchi, senza capelli, carnoso e un po' négligé. Siamo sicuri che la Lilli senza tacchi, senza capelli, carnosa e négligée farebbe lo stesso effetto?).
Nel frattempo, permane la sfida della scelta.
Ci è piaciuto:
i libri presentati mi è venuto quasi sempre voglia di comprarli, fatta eccezione per quello di Arrigo Levi, e poi spiegherò perché.
Lingua Madre è sempre una chicca e l'Egitto si è presentato con i veri fiori del deserto, tra tutti il più bello è stata Nawal Al-Saadawi.
Le lectio magistralis erano tali e anche qualche seminario che non promuoveva libri ma semplicemente curiosità.
Non ci è piaciuto:
il green point dove approvvigionarsi di biglietto per la sala dei 500, che ha improvvidamente riportato in campo l'italiotità, della serie: il mandatario che si fa rilasciare 30 biglietti per volta, per bagarinarli o disperderli al momento opportuno. Non si fa. Non si trattava complessivamente delle conferenze migliori, ma qualcuna mi è proprio dispiaciuto perderla: Scalfari versus Sassoon in un Nietzsche vs. Marx, l'incontro con Salman Rushdie, Ascanio Celestini, Orhan Pamuk. Il resto erano personaggi TV o politici: interesse strategico: zero.
L'incontro con Nawal Al-Saadawi è stato magico, il titolo era davvero tutto un programma: "Creatività e Dissidenza". Primo messaggio: tutti, ma proprio tutti sono creativi, salvo poi essere tarpati da divieti, convenzioni, dogmi o nella migliore delle ipotesi, urgenze. I bambini sono infatti i più creativi.
Delizioso il racconto della nonna agitatrice di villaggio (siamo all'inizio del '900 a occhio e croce, nel cuore profondo dell'Egitto), dall'alto della sua brillante ignoranza, che mette in crisi il "sindaco" che vuole zittirla, Corano alla mano. A corto di risposte alla ovvie ed umane richieste della nonna, il sindaco tenta di chiudere il discorso con "non si può, l'ha detto Dio, e tu che non sai leggere e che quindi non hai letto il Suo libro, non puoi saperlo". La nonna risponde "non sapevo che Dio fosse un libro". La nonna era certamente una dissidente, ma prima ancora era creativa e pensava. Ai profanatori a buon mercato di valori, Nawal ha chiosato "when you are pragmatic, forget the principles". Ecco. Non c'è altro da aggiungere. Mi piacerebbe però che gli accaniti proseliti del pragmatismo, sia esso efficientista o scientista, ci pensassero su, un po', facciamo anche un bel po'.
Luciano Canfora ha tenuto una lectio magistralis su "Ipertrofie dell'Io. Il Cesarismo". La lezione era essenzialmente storica e dotta, ma ho capito che il populismo di Cesare non è trasferibile ai nostri giorni, perché (oggi) manca qualsiasi forma di eroismo.
Adonis è Adonis. Ha ricordato che al tempo dei mistici arabi esisteva una netta differenza tra società civile e religione. Alla domanda se la Poesia rappresenti un richiamo o un messaggio, ha risposto né l'uno né l'altro. Se fosse un messaggio sconfinerebbe nel religioso, se fosse un richiamo richiederebbe l'intervento dell'altro. Essa è invece il nostro inconscio. Ma perché quando ridico le cose che dice lui con le mie povere parole, mi pare tutto secco? Adonis è Adonis: non si racconta, si vive.
Ottima la conferenza "L'Io secondo Freud, Jung e Lacan". Ottima perché mi ha rimesso a posto le grandi, grandissime linee che differenziano i tre, anche perché in un'ora davvero non si può fare di più. Confesso che andavo a caccia di conferme, confesso insomma di avere compiuto il massimo peccato della conoscenza: invece di farmi scombussolare cercavo di interpretare per avallare il mio pregiudizio. Detto questo, ammesso tutto, rimane che mi si sono avvalorati ancora un po' i sospetti e quindi ora tocca studiare. La psicoanalisi ha molto poco di scientifico, e questo lo dico io (e quindi vale quel che vale), ma è invece certo che non possa essere in nessun caso una terapia, e questo lo ha sempre detto Jung. Mi sento meglio, perché continuo ad avere serie difficoltà a chiamare terapia qualcosa che può durare anche 30 anni. E pure sociologicamente la psicoanalisi annaspa, continuando ad esaltare di fatto gli egotismi, che è l'ultima cosa di cui una società evoluta ha bisogno se non vuole lentamente morire.
Decisamente interessante la conferenza "Perché Stalin creò Israele", in cui si presentava l'ultimo libro di Leonid Mlecin. Ancora una volta il Prof. Canfora era dei nostri, per fortuna i previsti Mentana e Augias hanno marinato lasciando spazio a due ottimi giornalisti. Mlecin può infine ricostruire alcune pagine di storia grazie alla recente desecretazione degli archivi segreti di Stato russi e di quelli del KGB. Imparo così che le prime armi fornite alla neonatissima Israele le fornì proprio lui, che aveva voluto quello Stato per portare un po' di socialismo tra colonie e reami rozzi (come diceva lui). Lo scenario si è capovolto in pochissimi anni, ma rimane una storia davvero interessante, e il libro è da comprare.
La lectio magistralis di Edoardo Boncinelli "L'Io e il cervello. La risposta delle neuroscienze" è stata annullata e questo è gravissimo e non merita commenti.
Scoperto un nuovo poeta, Bruno Galluccio, che fa poesie scientifiche essendo uno scienziato, e non ho potuto fare a meno di comprare il suo "Verticali", perché quelli che si ibridano mi piacciono e ripiacciono. Tra l'altro ci siamo plagiati oppure ci siamo telepatizzati, sarà da vedere, perché non so quando Bruno ha scritto questa poesia che riporto appresso, ma somiglia tanto e troppo al "Grande Capo Trocantere Destro". La cosa mi intriga e ci andrò a fondo, perché la palese sovrapposizione di pensiero e di idee è un po' inquietante ....
La poesia, come tutte quelle del libro, è senza titolo:
"esercizio lungimirante
fare calcoli sulle parti
riflettere su rimanenze
addentrarsi tra le parentesi
(sospendendo quel che premeva fuori)
e dire così addio all'eden degli interi
e impariamo che non possiamo sommarci subito
ma dobbiamo prima denominarci comunemente
conoscere la minima essenza condivisa
che ci moltiplichi"
Per finire devo, ma proprio devo-devo, inchinarmi a quel tempio dell'editoria che è Adelphi, con quel suo stand dove non c'è nulla di stonato, sbagliato, opinabile: le scelte editoriali sono la perfezione e ringraziamo quindi Calasso. Quest'anno ci ho trovato Roberto Bolano e il suo "2666", che già dalle prime pagine è un capolavoro. Ma da Adelphi si trova solo questo, e non ho quindi merito nella scelta.
Stavo dimenticando Arrigo Levi: invece di vedere arrivare Boncinelli, la sala rossa si riempie di Fassino, Lerner, Calabresi e Levi. Il quartetto attacca con l'ode al "grande giornalista", "l'illustre profugo" e giù tutta la litania, con mani che sorreggono teste calve per farti intendere che sono troppo piene di storia, pensieri, idee ... al quarto minuto sono scappata. Il comizietto falso letterario e nulladicente no, proprio non ce la facevo.
Ma allo spazio autori A, proprio accanto, c'era Vauro intervistato da Lilli Gruber, che presentava il "Mago del vento", e così ho respirato subito un vento di pulizia, di semplicità, di onestà, di purezza d'animo. Ma quanto è bello Vauro? Ma tanto tanto (e pure la Lilli gliel'ammolla, azzz lei è parecchio bella fuori, forse pure dentro, ma insomma già il fuori basta. Vauro è bello dappertutto, così com'è, senza tacchi, senza capelli, carnoso e un po' négligé. Siamo sicuri che la Lilli senza tacchi, senza capelli, carnosa e négligée farebbe lo stesso effetto?).
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