17.1.05

Forma & Sostanza

Quando il linguaggio si banalizza per mascherare il vuoto si deve sovvertirlo, rimischiare le carte, ricavare da un 7 di picche, ritagliandolo a dovere, un bel 4, longilineo e con le punte magari all'ingiù. In basso le punte.

Si dirà che poco conta la forma, perché la sostanza è giustamente sostanziale. Io credo sia un errore, un colossale errore di arrogante semplificazione.
La forma qualifica la sostanza, quest'ultima insomma è condizione necessaria ma non sufficiente.
Un altro errore che va ad attaccare il senso delle cose nella massa (intendo massa volumica) è che convenendo sull'importanza della forma, si pretenda che quest'ultima abbia però connotati fissi ed indipendenti dalla sostanza che va a qualificare.
E quindi: un discorso monocorde perché si vuole garbato, per esprimere sdegno e costernazione di fronte, che so, al maremoto asiatico, utilizza lo stesso schema espositivo della descrizione della perfetta rotondità e dell'autorevole design dell'ultima collezione di tazzine di caffé Illy.

Io ci vedo qualcosa che non va. Qualcosa che maschera con il "buon gusto", ed il "buon senso" ecc. ecc. l'abdicare dinanzi ai valori tanto sostanziali che formali.
Parlavo del linguaggio e mi è venuta in mente la dislocazione spaziale che hanno usato i surrealisti, giochino da non confondere affatto con la questione di cui sopra: quella era ricerca, innovazione, traslazione anzitutto spaziale per riprovocare un superamento concettuale. In fondo un processo tipico della matematica astratta.

Ma quello era un altro secolo, che in nome dello scientismo ha fatto danni incalcolabili, e non faccio riferimento a guerre ed armi. Piuttosto allo sbriciolamento sociale. Piuttosto alla confusione della libertà con l'anarchia del pensiero egotista.