2.2.05

La polizia delle parole

[Titolo originale: "La police des mots"; si noti che qui in francese la parola "police" può assumere diversi significati: carattere (nel senso di carattere di stampa), polizia, polizza]

La politica ha ancora un senso?
A questa domanda la filosofa Hannah Arendt rispondeva: il senso della politica è la libertà. Questa risposta, che dovrebbe rendere tutte le altre superflue, non è più ovvia.
Siamo al punto in cui anche il Partito Socialista [francese] s'interroga sull'eredità del 1968 - "l'emancipazione, la chiamata alla libertà" - e sulle regole di cui il nostro paese ha bisogno. La riflessione si iscrive perfettamente nell'aria del tempo. Mai la libertà è stata così apertamente rivendicata. Eppure è sempre più inquadrata. La democrazia si impantana nelle sue contraddizioni: per garantire le libertà penalizza le idee. Al punto che l'eccessivo "Vietato vietare" sessantottino diventa un preoccupante "Vietato dire". La moltiplicazione delle leggi sul sessismo, l'omofobia, il razzismo, l'antisemitismo, "l'antisionismo radicale", ecc. oggi si basa sul rispetto dell'altro.
Difficile contestare questi testi il cui scopo, sincero, è di rafforzare la tolleranza. Le loro conseguenze tuttavia vanno nel senso inverso delle intenzioni dei loro autori. La regolamentazione galoppante è di per sé contraria all'idea stessa di libertà di pensare e di dibattere. Essa stabilisce una polizia delle parole mentre è nella libera discussione che appare la realtà. Non è nascondendo il male che lo si combatte. Bisogna che sia visibile per poterlo fare indietreggiare. Una società che si lancia a corpo morto nella sanzione delle idee tradisce i suoi dubbi, mostra le sue paure e confessa le sue debolezze.
Siamo così poco sicuri delle nostre convinzioni democratiche da aver bisogno senza sosta di proteggerci da noi stessi?
Crediamo così poco nella forza dei nostri valori comuni da doverci imbavagliare?
Siamo così poco rispettosi dell'altro da doverci mettere la museruola?
Una società deve fissarsi dei limiti, ma la legge non può servire da diserbante per eliminare la gramigna dell'intolleranza. La paura diventa il nostro motore quando ci conduce a restringere il campo delle libertà.
Dei principi che vivono su campi trincerati sono già sul declino. Non è erigendo muri nelle nostre teste e cucendosi la bocca che vinceremo i nostri mali. Solo l'educazione, il richiamo costante dei nostri diritti e dei nostri doveri, dei nostri valori, il dibattito e la pluralità della discussione permettono di rafforzare il rispetto dell'altro e di se stessi.


Denis Jeambar
L'Express, 7 novembre 2004