5.4.10

Il pericolo delle idee

Queste elezioni regionali sono state vinte dalla Lega Nord e perse sonoramente dal PD.
Delle alchimie dei numeri davvero poco importa, delle letture degli "analisti" (chi sono?), dei commentatori e di tutto il caravanserraglio di politicanti al seguito, ancora meno.
Qualcuno ha detto che gli Italiani sono un popolo di moderati, e a me non pare proprio. Se la si lascia fare, la Lega si allargherà a macchia d'olio, a forza di ragioni urlate, poco meno populiste di quelle di Berlusconi, ma sanguigne e veementi, e forti soprattutto di quello che il PD ha completamente dimenticato: la presenza sul territorio, che altro non è che la buona politica, l'unico modo di avere una legittimazione politica.
Dell'identità del PD (e dei suoi prodromi con varie sigle) si discute dagli anni '90, osservo che 20 anni non sono bastati per chiarirsi le idee e tirare fuori dalla visione socialista un modello non copiabile con un progetto autonomo e specifico.
Non ne basteranno altri 20 per diventare un'alternativa al partito unico e populista - per questo si parla a ragione di regime - se l'obiettivo di alcuni intellettuali e di ampie file di dirigenti è la corsa al "centro", ai "moderati", insomma al PDL. Se l'obiettivo è creare qualcosa che competa progettualmente con il PDL, cercando di spostare voti da qui a lì, come le promozioni del supermercato, lo vediamo bene che la partita è persa, e continueremo a vederlo. Anche perché saremmo lieti di sapere quale sia il progetto del PDL, se si esclude l'esistenza in vita del suo capo.

Non mi capacito delle posizioni di un Cacciari, tanto meno del trasformismo aprogettuale della corrente dalemiana, né dell'elogio dell'inconsistenza di Veltroni. Si vuole essere tutto ed il contrario di tutto, secondo come tira il vento.
Questo con la politica non ha nulla a che fare. Non solo non ci sono idee, ma c'è persino paura di averle, le idee, per incapacità di pensarle, di sostenerle e di attuarle.
In questo fumo impalpabile si innesta come un cancro l'assenza di contatto con le persone e quindi con la realtà. Risultato: né un partito popolare, né un partito di opinione, o pensatoio che dir si voglia.
Il destino del PD è sotto gli occhi di tutti: continua a raccogliere il voto dei nostalgici, di chi non vota il governo ma che sostanzialmente non ha nulla da proporre né da sperare.
Che la gente non abbia nulla da proporre è assolutamente normale, visto che si affida a dei rappresentanti che dovrebbero essere qualificati e competenti per coagulare problemi e trovare soluzioni. Che non abbia nulla da sperare è solo l'annuncio del rigor mortis.
Ma non basta ancora: quando all'orizzonte si profila qualche uomo più coraggioso, abile e con qualche idea (chiara) da attuare, il PD lo emargina. Si veda la sorte di Cofferati o di Vendola.

La cosa che più mi incuriosisce è la corsa al centro. Potrei osservare ad esempio che se nell'animo degli Italiani ci fosse questa aspirazione, il partito di Casini dovrebbe fare il pieno di voti da diversi anni; invece resta un partito marginale, buono per tirare su qualche punto percentuale a maggioranze risicate. Potrei anche osservare che se è vero che il PDL è il partito di Berlusconi, e tolto lui c'è il nulla, come sostenuto pressoché da tutti i politicanti, allora continua a non essere vero che gli Italiani lo votano per la "moderazione", quanto piuttosto perché sono soggiogati da una personalità abile e ricca di mezzi. E poi come spiegare la crescita della Lega o dell'IDV, che alla moderazione lasciano davvero poco spazio?

Sembra che la pretesa sia davvero quella di avere un partito di plastilina, con il progetto di rubacchiare consensi all'avversario, e per farlo bisogna essere conniventi con la sua (non) politica rabberciando giusto qualche strafalcione, che peraltro a Berlusconi tutti sono pronti a perdonare perché lui un disegno ce l'ha, poco importa se sia solo il suo personale e privato, e poi perché paga con soldi suonanti i suoi manifestanti come i suoi club.

A questo vuole aderire il partito con vocazione alla plastilina, senza avere però né soldi, né personalità suadente, né disegno. Tanto meno le idee, che sono pericolosissime per chi non le ha e non se le sa dare, proprio come il coraggio. Sono così pericolose che chi le ha deve essere allontanato, escluso, reiettato.

Con queste premesse, ovvero con questa volontà, non si può fare politica, né buona né cattiva. Paradossalmente sono proprio questi asfittici dirigenti, ovvero l'antipolitica per definizione, che chiamano antipolitica tutto quanto è denso di proposte molto concrete e neanche originalissime, visto che la politica per l'energia che propone ad esempio Grillo è già praticata in Germania, oggi, con grande profitto. Germania che per il 2020 (tra soli 10 anni) avrà il 40% dell'energia nazionale prodotta da fonti alternative. Mica bubbole, son soldi, è benessere per i cittadini ed è anche un modo più intelligente di rispondere alla carenza di risorsa energetica ed al danno ambientale, che non è solo un romantico e idealista obiettivo, ma un costo insostenibile.