12.5.10

Questioni di fedeltà

Riordinando il portacarte mi sono ritrovata a buttare al secchio con felice indifferenza un numero sconsiderato di carte plastificate, dette "carte fedeltà", che ormai qualsiasi negozio, ma proprio qualsiasi, dall'intimo alla pelletteria, dalle cianfrusaglie in cui ci si getta per consolarsi a poco prezzo agli articoli sportivi, persino centri sportivi, centri di ogni che, fiorai, calzolai (benché in via di scomparsa), supermercati, parrucchieri, arredamenti, tintorie, ti offrono come zuccherini, senza impegno s'intende, perché alla quinta visita, oppure quando raggiungi 100 euro di spesa, avrai uno sconto più o meno significativo, oppure un regalo (inutile) e soprattutto potrai ricevere a casa, via mail o anche sul cellulare, allo scoccare della prima mezzanotte utile, la preziosa informazione "privilegiata", perché in anteprima urbi et orbi, di saldi o vendite promozionali.
Sorvolo ora sulla schedarizzazione, perché per avere gratuitamente la tua carta fedeltà devi comunque lasciare i tuoi dati, e questo non so se è un bene.

Il punto è che ti chiedono tutti di essere fedele, si aspettano che tu lo sia, tant'è che è nato pure il neologismo fedelizzare, che doveva arrivare il libero mercato senza regole per averlo, e dire che 2000 e più anni di storia con assassinii, congiure, complotti, lacerazioni, ossessioni, di Stato, di letto, di famiglia non sono riusciti a farsi un verbo per definire quello che si è sempre anelato, dicasi la fedeltà ...
Mi domando se sia la logica premiale ad averla vinta, o, detta più volgarmente, la logica del guadagno. Essere fedeli con la carta fedeltà offre un guadagno abbastanza immediato per uno sforzo economico che può essere di per sé gratificante oppure semplicemente dovuto, come riparare le scarpe o portare la coperta in tintoria. Che sia un piacere fatuo o un dovere virtuoso, la carta premia la tua fedeltà. Poi davvero qualcuno si sente fedele, al negoziante intendo, e pensa magari di avere anche creato un legame, di simpatia, di reciproco interesse, di feeling, comunque sia una legame. Bella storia, poiché ha tutta l'aria di crearsi una connessione dove guadagnano tutti e nessuno perde: uovo di colombo o dilettevole inganno?

Osservo con interesse che trattasi di legame a tempo, non è un patto per la vita ma solo per la durata dell'esercizio commerciale, della residenza nella città, dell'età o del gusto. Ancora un modo per circoscrivere il tempo con un patto reciproco, come peraltro abbiamo imparato noi generazioni post-industriali; ormai il tempo per viverlo tutto si è pensato di spezzettarlo in tanti microtempi, la stessa operazione di Achille con la tartaruga, lo stesso paradosso. Perché Achille la tartaruga la raggiunge, come noi il tempo lo finiamo, perlomeno con le sembianze umane che conosciamo sulla terra.

Poi i legami si slegano, all'insegna della libertà e della vittoria del microtempo sul tempo. Sono legami infatti, e non relazioni, quelle che la volpe suggeriva al Piccolo Principe. Essere in relazione infatti è un'operazione bislacca di questi tempi (anzi, microtempi), perché proprio non prevede una contabilità.

Mi incuriosisce anche la questione della fedeltà. Nelle relazioni amorose ci si aspetta fedeltà, ma siamo diventati molto tiepidi in materia, perché il rispetto per la libertà dell'altro e per le sue scelte ci ha imposto di cancellare dai codici e anche dalla testa il delitto d'onore o di lesa maestà. Santa cosa, se così fosse.
C'è una strana convergenza tra la carta fedeltà del parrucchiere e quella, ancora virtuale, della coppia (ma ci giurerei che qualcuno avrà l'idea geniale, magari per San Valentino, di fabbricare la carta fedeltà dell'amore, un bollino per ogni anno di fedeltà, al quinto anno ti faccio un bambino, oppure lo importo, al decimo non mancherà il viaggio alle Antille, e via in un crescendo peraltro abbastanza ben avviato, manca solo la tesserina, che potrebbe avere il vantaggio di sostituire la fede e magari essere scambiata o venduta al miglior offerente ...): c'è il legame, che vivaddio si può slegare, c'è il microtempo, che ha il vantaggio di farti vivere tutto e subito, tanto poi la tartaruga la raggiungi, però intanto hai profittato della vita a 100 all'ora.

Cosa c'è che non va in questo meccanismo apparentemente geniale, dove tutti guadagnano quello che vogliono e pure subito?
Non va perché è un meccanismo a qualità zero, e quindi fondamentalmente peggiorativo ed infine distruttivo.
Il quinto bollino mi farà tornare dal mio caro negoziante non perché da lui trovo il bene di cui ho bisogno e di cui continuo ad apprezzare la qualità, non perché magari è gentile e sorridente, ma perché devo incassare il meritato premio. Al mio amato perdonerò la scappatella, perché un pupo dopo cinque anni me lo merito, ed anche il viaggio alle Antille, per averlo sopportato dieci anni spignattando e correndo per tutti i miei sacrosanti microtempi che mi ha ordinato proprio il medico di questa microciviltà.
Vorrei perdonarlo invece il mio amato, eccome, lasciandogli tutta la libertà di guardare e testare le tette di chi vuole, purché non tradisca il progetto, quella cosa che per l'appunto non esiste nei microtempi ma nel tempo, che si nutre non della mia lesa maestà ma di tutto quello che io sono al di là della mia rappresentazione corporea ed egotica, e che ho messo nel progetto comune, che è una visione, quella sì globale, di come attraversare il tempo intessendo relazioni, e magari una più fondativa di altre.