4.10.09

L'Art Brut dell'Informazione


In perfetta coerenza con il principio scientifico, se si vuole misurare un'esperienza in modo oggettivo bisognerebbe essere fuori dal suo sistema. Detto così potrebbe quasi sembrare un'operazione impossibile, perché un sistema di misura deve essere commisurato al suo oggetto.


Fatte tutte le debite riserve ed in totale osservanza della teoria della complessità così bene argomentata da Edgar Morin,
si tratta comunque del debito che la conoscenza deve pagare per andare avanti. Non dico progredire, perché introdurrei una valutazione di merito sulla quale si dovrebbe aprire un vasto capitolo, quanto meno dal punto di vista sociologico, e quindi umano.
Inoltre lo sviluppo di una conoscenza tanto più consente di entrare nel dettaglio, tanto meno offre la distanza necessaria per apprezzare lo scopo della discesa nel dettaglio stesso. Il senso di estraneità nei confronti di ciò che si osserva viene sempre meno, mentre si accresce la specializzazione e con essa le sue vestali. Cosicché ogni specialista, accreditato ad esprimersi autorevolmente dal suo sapere, è fatalmente colui cui manca uno sguardo incontaminato, innocente, creativo e a-mitico.


In una bellissima lettera che Jean Paulhan scrive nel 1944 a Jean Dubuffet (nell'ambito di una copiosa e fecondissima corrispondenza), l'autore narra del suo stupore nell'osservare, durante una visita ad un museo, la cupa serietà con cui i dotti d'arte parlavano dei quadri di Renoir e Carrère, argomentando di levatura morale e sezione aurea, mentre gli altri ridevano della grossa. E conclude che "quello che è divertente, se non appassionante, nella vita è vedere le cose e non pensarle affatto". C'è un elemento importante in queste considerazioni che è il ridicolo. Perché ogni umana trasposizione della realtà, travisandola la rende, tra l'altro, ridicola, e tale dovrebbe essere perché possa essere fruita con immediatezza.
"Il primo ministero dell'informazione fu istituito in Inghilterra durante la guerra [mondiale] in un momento in cui è sembrato utile falsare l'informazione. Non c'è più informazione da quando ormai tutti gli Stati hanno seguito l'esempio ...", osserva Dubuffet (1) estendendo lo stesso ragionamento alla cultura e all'arte.
Poi c'è il fattore individuale: ciò che io vedo, ascolto, intendo, capisco è diverso da ciò che vedi, ecc. ... tu. È da qui che parte l'idea dell'Art Brut, ovvero dall'esternazione di un reale nella sua immediata, singolare ed incolta percezione.
Fare informazione somiglia molto al lavoro di un artista come sopra delineato.
Il giornalista non è uno storico o un esegeta, deve solo buttare là la notizia avendo cura di gettare la veste dello specialista per non farsi contaminare, rimanere innocente nello sguardo, utilizzare la creatività per cercare le notizie, non anteporsi alla notizia stessa, perché possa permanere in chi legge l'immediatezza della comprensione e un po' di ridicolo.
Il senso del ridicolo è l'unico vaccino contro la manipolazione del dolore e del dramma.

Non serve l'Ordine dei Giornalisti per fare Informazione; per vedere le cose (e raccontarle) non serve pensarle, perché il pensiero è viziato dalla cultura e dall'opinione; per non abusare del ventre molle, bisogna strappare il sorriso. Sarà per questo che il Potere non sopporta la satira?




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(1) "Asphyxiante culture" Les Editions de Minuit, pag. 8