31.1.05

Ho notato ...

... che ultimamente i film per la TV, quelli che di buono hanno solo che si fanno in due puntate anziché le 8 o 10 d'antan, parlano inesorabilmente di:
- errori giudiziari
- efficienti forze dell'ordine
- professionisti (veterinari, farmacisti, avvocati, ecc.) fiscalmente perfetti
- negozianti che arrivano a stento a fine mese.
Poi dice che la televisione non fa cultura ... tzé, tzé.

19.1.05

La Nickivendola

Vendeva esempi bell'e confezionati. Se ne stava in mezzo alla piazza del mercato, tra pesci smorti, pennuti esangui e frutti detti freschi tutti maquillés per far bella figura.
Qualcuno si avvicinava per sincerarsi che si trattasse di buoni esempi, ché quelli vecchiotti, scaduti insomma, nessuno li voleva più. Lei, tranquilla, mostrava fiera la data di scadenza sulla confezione. Conforme alla norma CE. Non più di un anno.
A sera, il mercato chiudeva, i commercianti corrucciati e madidi perché gli affari vanno così e così, e lei aveva venduto tutto, ben 80.000 esempi.
La denunciarono per aggiotaggio.
I prodotti troppo buoni non sono per il regime di concorrenza, perché poi si vendono solo quelli e diventa monopolio.
Il mattino dopo scattò, doveroso come una cambiale, il teleton. Gli esempi crebbero e si moltiplicarono. Evangelicamente.

17.1.05

Forma & Sostanza

Quando il linguaggio si banalizza per mascherare il vuoto si deve sovvertirlo, rimischiare le carte, ricavare da un 7 di picche, ritagliandolo a dovere, un bel 4, longilineo e con le punte magari all'ingiù. In basso le punte.

Si dirà che poco conta la forma, perché la sostanza è giustamente sostanziale. Io credo sia un errore, un colossale errore di arrogante semplificazione.
La forma qualifica la sostanza, quest'ultima insomma è condizione necessaria ma non sufficiente.
Un altro errore che va ad attaccare il senso delle cose nella massa (intendo massa volumica) è che convenendo sull'importanza della forma, si pretenda che quest'ultima abbia però connotati fissi ed indipendenti dalla sostanza che va a qualificare.
E quindi: un discorso monocorde perché si vuole garbato, per esprimere sdegno e costernazione di fronte, che so, al maremoto asiatico, utilizza lo stesso schema espositivo della descrizione della perfetta rotondità e dell'autorevole design dell'ultima collezione di tazzine di caffé Illy.

Io ci vedo qualcosa che non va. Qualcosa che maschera con il "buon gusto", ed il "buon senso" ecc. ecc. l'abdicare dinanzi ai valori tanto sostanziali che formali.
Parlavo del linguaggio e mi è venuta in mente la dislocazione spaziale che hanno usato i surrealisti, giochino da non confondere affatto con la questione di cui sopra: quella era ricerca, innovazione, traslazione anzitutto spaziale per riprovocare un superamento concettuale. In fondo un processo tipico della matematica astratta.

Ma quello era un altro secolo, che in nome dello scientismo ha fatto danni incalcolabili, e non faccio riferimento a guerre ed armi. Piuttosto allo sbriciolamento sociale. Piuttosto alla confusione della libertà con l'anarchia del pensiero egotista.

15.1.05

Memoria (1)

La memoria è una grande iattura. Il problema è che un essere umano senza memoria non "è".
Il punto è che la memoria è morta, in quanto si riferisce a qualcosa che è stato, non è più, e non ci si può dialogare. La sua fissità la condanna alla morte. Che peraltro è proprio questo: fissità, impossibilità di cambiare (e quindi essere), impossibilità di comunicare.


Dunque, stabiliamo che siamo sempre mezzi vivi e mezzi morti (e la percentuale NON cambia col tempo, finché si è in vita, è un codice binario).
Dialogare con la memoria è insomma un esercizio di rimpiantistica, quasi che si potesse davvero compiere il re-impianto (tale è l'origine del rimpianto, manco fosse un dente, ma su questo c'è da meditare). Qualunque cosa ci si metta sopra è posticcia.
Eppure non si può cancellare, perché ogni nostra cellula vive per ricopia dell'istante precedente. Se non può più copiare nulla, non sa neanche inventarsi un futuro, qualcosa da essere e da fare.
La questione dell'implantologia però non è anodina. Io confido (per mera curiosità) nel fatto che prima o poi, così come i denti, si riesca ad impiantare quasi ogni altra cosa. E poi le cellule vanno per ricopia, e vai.


Ora però a me viene una curiosità puramente intellettuale, faceta, ma non troppo, come un buon vinello che va a solleticare fettuccine di cervello, stimolando logorrea o silenzio, ilarità o lacrime. Facciamo ilarità, visto che qui si può scegliere.
Dunque la curiosità del tutto didascalica è la seguente: immaginiamo un bel rimpianto (intendo re-impianto) di mano, per fare un esempio. Ecco, ora ho la mano di Giulietta XX, e le cellule giuliette vengono a mischiarsi con le cellule mie DOC. E poi si fanno le ricopie loro. Cosicché io sono diventata un po' Giulietta, e Giulietta che è certamente morta s'attacca. Forse. Oppure, reimpiantata, riesiste. Ogni cellula si porta, pare, miliardi di informazioni. E io ogni giorno divento sempre più Giulietta, il che probabilmente non guasta. Salvo se Giulietta aveva una memoria di quelle alla Dorian Gray.
Alla fine, meno male che si fa (si fa, si fa) la ricerca sulle cellule staminali perché così forse mi fanno ricrescere la mano mia DOC (bis).
Giulietta si tiene la memoria sua e magari io posso sempre tentare di sabotare il bagaglio delle cellule, chissà che almeno la mano nuova non riesca a salvarla dalla memoria vecchia?